google.com, pub-1709475914964886, DIRECT, f08c47fec0942fa0 Domodossola News: Ossola
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Fiumi e torrenti a livello di guardia nell’Ossola dopo le forti piogge


Fiumi e torrenti a livello di guardia in alcuni paesi dell’Ossola dopo la forte pioggia di ieri sera. In Anzasca l’Anza ha divorato parte del parcheggio di Pestarena ed un’auto è scivolata stata risucchiata sino al livello dell’acqua ma non è stata travolta.

Pericolo hanno creato ieri sera le acque del Tambac e del rio Horlovono a Macugnaga dove si registrano danni. ''Una situazione di pericolo mai vista. In pratica i corsi d'acqua hanno trascinato a valle di tutto'' ha detot un abitante del paese anzaschino.

 Anche a Villadossola l’Ovesca ieri sera ha raggiunto un livello alto. A San Domenico, in val Divedro, grossi massi  hanno causato danni a Ponte.

Ossola News

Estate nei parchi dell'Ossola: periodo di nascite per molte specie animali


L’inizio dell’estate è sempre un periodo particolarmente eccitante nei parchi delle Aree Protette dell’Ossola. Oltre alle fioriture che delle diverse specie vegetali è anche il periodo delle nascite.

A fine giugno i giovani camosci, stambecchi, cervi e caprioli già seguono le proprie madri sui pascoli, e nel giro di qualche settimana si schiuderanno le uova dei fagiani di monte, pernici bianche e coturnici. Camosci e stambecchi frequentano i pascoli in quota ed in zone piuttosto poco accessibili, mentre caprioli, cervi e fagiani di monte frequentano principalmente le zone boscate o cespugliate.

Nei parchi, questi animali mantengono un comportamento decisamente poco confidente, perché nella stragrande maggioranza dei casi trascorrono una parte del loro ciclo annuale fuori dall’area protetta, in aree dove possono anche essere cacciati. Il fatto che non si facciano osservare non significa che non possano frequentare zone nelle immediate vicinanze di sentieri frequentati anche da decine di turisti.

 Per questo motivo, in questo periodo dell’anno, è richiesta una particolare attenzione quando si frequenta il parco. È importante rimanere sui sentieri, tenere i cani al guinzaglio e, nel caso si osservino esemplari di giovani animali, non avvicinarli.

ossolanews

Le principali formazioni partigiane attive in Ossola tra ispirazioni ideologiche contrastanti, collaborazione e conflitti. E vittime

 


La morte di Filippo Beltrami (Megolo, 13 febbraio 1944) fu favorita dal capo partigiano comunista Vincenzo (“Cino”) Moscatelli?
È uno dei tanti capitoli tuttora controversi della Resistenza, anche se a guerra finita (dicembre 1946) – ma era già iniziato lo scontro politico tra democristiani e comunisti – un giornale vicino alla Dc (La Verità) accusò apertamente Moscatelli non solo di non essere intervenuto a rompere l’accerchiamento dell’alleato, ma addirittura di aver ucciso la staffetta che Beltrami aveva inviato per chiedere rinforzi anche perché riteneva imminente il loro arrivo.

STORIA/ Quel patto tra partigiani e nazifascisti per liberare Domodossola (senza i "rossi")
Limitiamoci però all’essenza politica, ovvero al chiaro tentativo da parte di Moscatelli – che prese corpo progressivamente dalla fine del ’43 – non solo di ridurre l’influenza di una banda “concorrente”, ma soprattutto di un leader come Beltrami, capace di calamitare intorno a sé numerosi giovani borghesi che salirono in montagna (in inverno!) pieni di entusiasmo ed idealità, ma anche senza valutarne le conseguenze e soprattutto senza un’adeguata preparazione.

Le brigate comuniste si dimostrarono invece da subito superiori per inquadramento e disciplina, ma soprattutto perché alla lotta armata faceva da supporto un profondo lavoro politico ed anche una costante verifica ideologica degli organici. È un aspetto importante in vista di quanto avverrà nei mesi successivi: i “garibaldini” non esitavano nei colpi di mano esponendo la popolazione civile alle rappresaglie, i gruppi cattolici e “badogliani” sembrano invece avere una propria etica nelle azioni, tenendo senz’altro in maggior conto le conseguenze della reazione fascista e tedesca. Nei mesi successivi e prima del fatale scontro di Megolo (13 febbraio 1944), Beltrami unisce le proprie forze a quelle di un altro leader della resistenza cattolica, il maggiore dell’esercito Alfredo Di Dio, ed insieme cominciano a rappresentare una potenziale una minaccia per l’egemonia comunista della zona.
L’8 gennaio del 1944 Beltrami si incontra per alcune ore ad Armeno (Novara) addirittura contestualmente con il capo della provincia (il già ricordato prefetto Dante Tuninetti), il vescovo mons. Ossola ed il questore di Novara. Presente è anche l’altro capo partigiano, Alfredo Di Dio, e questo silenzioso mutuo riconoscimento tra le parti crea scompiglio e reazioni nel campo della Resistenza. Si parla a lungo di un accordo per la gestione del territorio e dell’ipotesi di creare una zona smilitarizzata ai piedi delle Alpi, ma è impossibile sapere quale strada avrebbe preso questo tentativo di accordo: Beltrami verrà ucciso a Megolo solo un mese dopo.

Alfredo Di Dio e la “Valtoce”
Alfredo Di Dio – già responsabile militare della brigata “Beltrami” dopo l’unificazione delle due unità – si salvò a Megolo perché detenuto nel carcere di San Vittore, a Milano, dove era stato intercettato dalla polizia fascista. Era infatti giunto nel capoluogo lombardo con un salvacondotto emesso dalle autorità fasciste di Novara e con l’impegno dichiarato (gli accordi sembra fossero stati presi proprio ad Armeno) di verificare la possibilità di creare zone franche ai piedi delle Alpi in altre province. In effetti Di Dio fu liberato il 6 marzo e tornò subito in Valstrona, dove riorganizzò una propria unità di impronta democristiana e cattolica, in evidente contatto con il clero locale. Di Dio era anche un militare di carriera con una propria vivace impronta culturale ed era – soprattutto – notoriamente un cattolico anticomunista, tanto che la sua formazione “Valtoce” raccolse molti esponenti dell’Azione Cattolica lombarda e novarese che salivano dalla pianura ed erano avviati in montagna dai parroci della zona. Una presentazione della sua linea è chiaramente enunciata da un documento programmatico edito il 27 settembre 1944, proprio durante la Repubblica dell’Ossola e pochi giorni prima della sua morte: “Innanzitutto siamo dei militari. Non vogliamo rilevare il nomignolo di ‘Opera pia’ che talora sentiamo serpeggiare nei nostri confronti. Ma se quei signori (l’allusione è alle formazioni partigiane comuniste, ndr) con ‘Opera pia’ intendono alludere alla dirittura morale del nostro Comando oppure all’assidua protezione ed all’interessamento che da sempre abbiamo inteso per la popolazione civile, allora noi ne siamo fieri. Noi non discutiamo le varie tendenze politiche ed i vari colori (…), ne facciamo una questione di onestà e serietà. Definire il nostro programma è semplice e breve e si riassume nel motto della nostra formazione: ‘la vita per l’Italia’. Per ora siamo solo dei militari e non vogliamo avere alcuna ingerenza di partito…”.

Dionigi Superti e la “Valdossola”
La terza delle formazioni “autonome” operanti nella zona fu il “Battaglione Valdossola” al comando del maggiore Dionigi Superti. La caratteristica principale dell’unità fu anche in questo caso una assoluta indipendenza da qualsiasi partito politico – pur ammettendo Superti che chiunque dei suoi membri facesse una eventuale propria propaganda politica all’interno dell’unità – e questo atteggiamento fu guardato con profonda diffidenza anche dai vertici del Cln di Milano che la consideravano politicamente “sospetta”. D’altronde la figura di Superti è emblematica e controversa: aviatore della squadriglia Baracca nella prima guerra mondiale, legionario fiumano, fascista mai iscritto al Pnf, probabilmente agente segreto italiano (qualche autore lo ritiene invece agente del Sis inglese), residente all’estero dal 1936 al 1940, massone, Superti raccolse l’eredità di Beltrami ed insieme a Bruno Rutto ricostituì un’unità nella primavera del ’44 (chiamata proprio “Beltrami”) politicamente rigidamente autonoma, ma collegata operativamente con la “Valdossola”.

Le brigate “garibaldine”
In campo partigiano vi erano però altre forze di chiaro segno politico, ad iniziare dalle “Brigate Garibaldi”, formalmente autonome ma di fatto strettamente collegate al Pci (Partito comunista italiano) e che in Ossola vedranno impegnati numerosi esponenti di quel partito. A guerra finita, alcuni diventeranno noti leader politici comunisti: da Amendola a Pajetta, da Secchia a Moscatelli. Queste unità “garibaldine” si svilupparono inizialmente in Valsesia, dove di fatto controllarono l’intera vallata e di qui si spinsero poi verso Omegna e la Valstrona per poi spandersi in Ossola, soprattutto dopo la scomparsa del capitano Beltrami. Inquadrate da commissari politici, efficaci nella diffusione della stampa clandestina, collegate strettamente con i Gap (Gruppi di azione patriottica) della pianura e che nelle città effettuavano audaci colpi di mano ed eliminazioni fisiche di esponenti fascisti, i “garibaldini” non esitarono a tenere rapporti anche duri con le popolazioni delle zone da loro controllate, né mostrarono clemenza con i nemici catturati, adottando spesso il metodo del terrore anche nei confronti delle popolazioni civili. Numerosi furono a questo proposito gli scontri e le divergenze tra le diverse formazioni partigiane, anche se nella primavera del ’44 si cercò – con tutta una serie di incontri e non senza continue, profonde divergenze – di predisporre un piano insurrezionale comune. Difficile dare una valutazione numerica delle singole unità partigiane, perché furono sempre di numero estremamente variabile e legato sia alle contingenze stagionali sia anche al passaggio di uomini da questa o quella formazione. Si può parlare comunque di diverse centinaia di uomini, dei quali però solo una parte effettivamente combattenti, e dei quali le brigate Garibaldi rappresentavano da sole circa il 50 per cento. Una stima attendibile fa salire a 1000-1200 i partigiani operanti complessivamente in Valdossola all’inizio di settembre del ’44.
(2 – continua)
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Repubblica dell’Ossola: un esperimento politico partigiano che 78 anni fa aveva in sé tutte le caratteristiche della futura Italia repubblicana

Alla fine dell’estate del 1944 nasceva e moriva in poco più di 40 giorni una interessante esperienza politica che viene ricordata come la Repubblica partigiana dell’Ossola.

Ormai scomparsi i personaggi che vi diedero vita, credo che più di una parentesi militare sia stata una prova generale di quella che anni dopo divenne l’Italia repubblicana, anticipando anche la svolta occidentale ed anticomunista del 1948 che porterà l’allora Pci a un lungo periodo di opposizione. Quella che segue è una ricostruzione dei fatti che portarono alla nascita di questa prima realtà democratica.

Le valli dell’Ossola, a nord del Lago Maggiore, nell’attuale provincia di Verbania rappresentano un’area di circa 1.500 kmq. Sono un grande triangolo che si incunea nel territorio elvetico verso il Cantone Vallese al di là delle Alpi e il più facilmente raggiungibile Canton Ticino.

La vallata principale del fiume Toce è ampia, pianeggiante, oggi molto antropizzata, e si dirama in numerose vallate minori che salgono a raggiera verso le Alpi ed hanno il loro centro economico e geografico in Domodossola.

Montagne, a differenza di oggi, allora molto più abitate, attraverso le quali è sempre stato relativamente facile passare in Svizzera, nazione neutrale durante la seconda guerra mondiale.

L’area, popolata anche allora da circa 80mila persone, oggi concentrate molto di più nel fondovalle, non disponeva di risorse alimentari od agricole sufficienti e dipendeva quindi totalmente, per gli  approvvigionamenti, da sud. Si trattava allora di una zona molto industrializzata rispetto alla media italiana. L’Ossola “esporta” ancora oggi energia idroelettrica e prodotti metallurgici di trasformazione, ma  necessita di approvvigionamenti costanti di materia prima.

Dal punto di vista militare e strategico l’area non era assolutamente rilevante, salvo che per la facilità appunto di passare in Svizzera, aspetto importante per il contrabbando ma anche l’espatrio di ebrei, resistenti, prigionieri di guerra.

Va ricordato anche che l’ampio polmone verde centrale della provincia – ora Parco Nazionale della Val Grande – era allora abitato da numerosi montanari ed esistevano molti alpeggi presso i quali era possibile trovare rifugi di emergenza, in buona parte distrutti nel rastrellamento tedesco del giugno 1944.

Era comunque possibile organizzare colpi di mano anche contro località importanti (Domodossola, Villadossola, Cannobio) rimanendo “coperti” fino a poche decine di metri dall’obbiettivo, con molti abitanti dei paesi delle valli o delle frazioni dei centri maggiori che passavano alternativamente in zone controllate dalle due parti belligeranti anche più volte nello stesso giorno, rendendo di fatto difficili o superflui i controlli.

La gran parte della gente – e me lo ha sempre ricordato di chi visse quegli anni – non stava né di qua né di là, semplicemente sperava che la guerra finisse presto cercando intanto di superare i momenti più duri. In ogni famiglia vi erano poi infiniti casi personali: fratelli divisi e militanti sui due fronti, dissensi, nuclei famigliari divisi dagli eventi.

È la pagina vera e spesso poco conosciuta di un conflitto vissuto con convinzione da minoranze e sopportato con angoscia dalla gran parte della popolazione, che spesso non aveva mai avuto occasione di conoscere altro che il fascismo e la sua martellante azione propagandistica. Così come ogni azione partigiana rischiava di ripercuotersi poi sulla popolazione civile, creando lutti, rappresaglie, vendette che – come avvenne soprattutto dopo il 25 aprile – poco o nulla avevano di politico quanto spesso di conflitto od odio personale.

All’inizio non vi furono azioni partigiane degne di nota, anche se si raccoglievano in montagna – a volte sperando di poter passare facilmente in Svizzera – nuclei di civili provenienti da diverse zone del Nord Italia, ma poi sempre più frequentemente militari sbandati dopo l’8 settembre, renitenti alla leva di Salò, primi nuclei di resistenti. Anche in questo caso erano spesso ragazzi giovanissimi che, come avveniva sull’altro fronte, si trovavano improvvisamente adulti davanti allo sfascio della nazione dopo l’8 settembre. Da sottolineare come molti giovani partigiani salivano in montagna per sfuggire alla chiamata alle armi della repubblica fascista o instradati da amici, parroci, compagni di studi.

“Spesso – la circostanza mi era stata confermata qualche anno fa dal comandante “Arca”, al secolo Armando Calzavara, mio amico personale – questi ragazzi arrivavano in treno a Domodossola o in battello a Verbania dalla Lombardia e cercavano di capire dove fossero i partigiani per poi mettersi in strada, a piedi, verso le montagne. Prima o poi li trovavano, ma innanzitutto rischiavano di brutto e poi non avevano alcuna idea di cosa fosse sul serio fare la guerra. Tante volte li ho rimandati a casa, chissà se ci sono tornati”.

Più organizzati, invece, gruppi di giovani cattolici vicini alle parrocchie lombarde – in particolare di Milano e della Brianza – che venivano instradati tramite una “rete” cattolica e che infatti rafforzarono soprattutto le brigate partigiane “azzurre”.

La prima azione degna di nota fu la “battaglia di Villadossola” avvenuta l’8 e 9 novembre 1943, quando un gruppo di circa 20 partigiani entrarono in paese scendendo dall’impervia e boscosa Valle Antrona senza attaccare – almeno in un primo tempo – il presidio fascista, ma razziando l’ufficio postale e la direzione di due stabilimenti metallurgici dove furono prelevati fondi cospicui e fu anche ucciso uno dei dirigenti.

I partigiani si disimpegnarono il giorno stesso risalendo la vallata e lasciando sul terreno alcuni morti, oltre ad uccidere alcuni tedeschi sulla via della ritirata, atto che nei giorni successivi diede vita ad una sanguinosa rappresaglia.

Il risultato militare fu minimo, ma senz’altro spezzò il periodo di relativa calma che si era protratto da settembre, preoccupò i gruppi fascisti posti a presidio dei singoli paesi (e spesso facilmente isolabili) ed alla popolazione diede un forte segnale di presenza partigiana nella zona.

Un episodio simile si ebbe anche ad Omegna il 30 novembre, ma questa volta l’attacco fu opera di due reparti partigiani molti diversi tra di loro: un reparto di “garibaldini” (comunisti) provenienti dalla Valsesia ed un altro di “autonomi” al comando dell’ex ufficiale dell’esercito architetto Filippo Beltrami, un professionista milanese sfollato nella zona.

Mentre i primi si limitarono ad una puntata in città prelevando armi e derrate alimentari, Beltrami assunse invece per qualche giorno il comando in città – dove pur restarono, indisturbati, ma consegnati in caserma, alcuni reparti fascisti – arrivando (l’episodio non è segnalato solo da Giorgio Pisanò nella sua Storia della Guerra Civile in Italia ma confermato anche dalle fonti antifasciste) a telefonare al comandante fascista della provincia di Novara, il prefetto Dante M. Tuninetti, per annunciargli di “tenere la piazza”.

Un esempio che illumina la personalità di Beltrami, ufficiale di vecchio stampo, borghese, cavalleresco e generoso. Una figura che ebbe grande ascendente sull’opinione pubblica locale e tra quegli ambienti cattolici e liberali che temevano i gruppi comunisti.

Beltrami ebbe rapporti addirittura amichevoli con Tuninetti ed altre autorità fasciste, tanto che i due si incontrarono a lungo arrivando ad una sorta di armistizio di fatto per l’assistenza alla popolazione locale che attraversava un periodo di grave penuria di generi alimentari.

Ritiratosi presto sulle montagne sovrastanti Omegna, Beltrami fu considerato un traditore da parte delle brigate garibaldine di Moscatelli per questi suoi buoni rapporti con le autorità nemiche e quando, poco tempo dopo, si ritrovò – come vedremo – circondato da forze soverchianti nell’abitato di Megolo (centro a mezza costa della bassa Valdossola, nel comune di Pieve Vergonte) nessuno corse in suo soccorso, tanto che morì insieme a numerosi suoi compagni (tra i quali Antonio Di Dio, fratello di Alfredo) dopo una dura lotta durata diverse ore, senza accettare le intimazioni di resa.

Fascisti e tedeschi che l’avevano circondato resero ai caduti – e l’episodio è veramente anomalo in una guerra civile – l’onore delle armi.

(1 – continua)

Il sussidiario.net

È nata Lutea, la casa di produzione cinematografica made in Ossola



È nata Lutea, una casa di produzione e distribuzione cinematografica ossolana, che debutta con il cortometraggio 'I salti della rana' girato nel bed & breakfast Casa Tomà di Masera. "Insieme ad Alberto Lepri, a Giorgio Minelli, Fabrio Maffezzini e Marco Pirozzini - spiega Marzio Bartolucci , il legale rappresentante della neonata società e regista de 'I salti della rana' - abbiamo costituito la s.r.l. e ci siamo dati l'obiettivo di cominciare a lavorare su tre produzioni, la prima è il cortometraggio, poi un documentario a cui stiamo lavorando, che coinvolge il territorio e riguarderà il tema del contrabbando. Inoltre siamo impegnati nella realizzazione di un lungometraggio, un percorso produttivo un po' più impegnativo, per il quale abbiamo acquisito i diritti d'autore di un libro del compianto Benito Mazzi". A proposito della scelta del nome dice Bartolucci :"Cercavamo un nome che fosse rappresentativo del nostro territorio e Lutea, il fiore della genziana, era perfetto". Alberto Lepri ha curato la fotografia de 'Il salto della rana'. L'opera tratta di uno spaccato di vita quotidiana di una famiglia che deve convivere con una nonna malata di Alzheimer. Il soggetto è di Giorgio Minelli, il quale ha poi sviluppato la sceneggiatura con Bartolucci e lo stesso Lepri. Il lavoro vede impegnate tre attrici di Piemonte e Lombardia: Angelica Fietta Lagna di Ivrea interpreterà il ruolo di una giovane studentessa; Iliana Giammusso di Torino vestirà i panni della nonna della studentessa, infine il ruolo dell'infermiera professionale è stato affidato alla cremonese Marinella Pavanello. Il cortometraggio conferma il sodalizio artistico tra Marzio Bartolucci e Alberto Lepri, iniziato l'anno scorso con la realizzazione del cortometraggio Damua, realizzata con l'associazione culturale DomoMetraggi.
Ossola News

Aumentano gli avvistamenti dei gipeti nei parchi ossolani

 

Aumentano gli avvistamenti dei gipeti nei parchi ossolani. L'ente di gestione segnala che "nei primi 6 mesi del 2022 nelle valli in cui ricadono i siti della Rete Natura 2000 gestiti dall’Ente di gestione delle Aree protette dell’Ossola (Formazza, Antigorio, Divedro, Bognanco, Antrona e Anzasca) sono state raccolte 28 osservazioni del maestoso avvoltoio alpino, il numero massimo raggiunto per semestre".

"La maggior parte delle osservazioni con foto e video -sottolineano dai Parchi dell'Ossola- hanno riguardato singoli individui, mentre in 5 casi sono stati osservati 2 individui. Rispetto agli anni precedenti sono stati individuati più adulti. In tre casi l’adulto era in compagnia di un individuo giovane o immaturo. Uno degli individui osservati è risultato essere marcato: si tratta di Luzerna BG1071, filmato l’11 gennaio in valle Antrona".

ossolanews.it

Gli chef ossolani che incantano il mondo

 

L’arte culinaria ha nell’Ossola autentici talenti: c’è chi, dalle esperienze maturate all’estero, decide di investire in attività in loco, e chi, invece, dopo essersi formato in Italia, sceglie di affrontare nuove sfide in terre lontane. Ad accomunare però Giorgio Bartolucci, Norman Berini e Francesco Baroncelli è la passione per l’alta cucina, trasmessa loro dalla famiglia.
Il successo raggiunto nel campo della ristorazione con il ristorante “Atelier Restaurant & Bistrot”, a Domodossola, coronato nel 2020 dalla stella Michelin (la prima, in Ossola) Giorgio Bartolucci lo deve innanzitutto alla sua solida famiglia: a papà Sergio, mamma Luigia, dai quali ha rilevato anni fa l’hotel Eurossola, rimodernato e attrezzato con una cucina di altissimo livello.

sdnovarese.it

Escursione dal Sacro Monte Calvario agli antichi borghi sulle alture di Domodossola

 

L’itinerario ha inizio dal Colle Mattarella, dove sorge il Sacro Monte Calvario di Domodossolapatrimonio dell’umanità UNESCO. Da qui si snoda il sentiero nei boschi che conduce ai vecchi borghi, facenti parte, fino al 1928, del comune di Vagna, poi annesso a Domodossola.
A Vagna si perpetua ogni anno una curiosa tradizione: la seconda domenica di luglio si celebra la “festa dul bambin”. Una tradizione che risale al 1700, quando gli uomini emigrati all’estero rientravano al loro paese d’origine e insieme alle famiglie festeggiavano il Natale d’estate! In questa occasione il paese viene addobbato, le donne vestono i costumi tipici e si mangia il panettone dul bambin.
L’itinerario prosegue a mezza costa verso l’abitato di Vallesone, raggiungendo il borgo La Tensa, oggi interamente ristrutturato e adibito ad agriturismo. Da qui si scende verso l’abitato di Anzuno con la sua caratteristica chiesa affacciata sulla piana del Toce, in questo ultimo tratto il percorso segue la via dei torchi dei mulini che ha inizio a Villadossola.

fonte: itinerarium.it

Si sono aperte ieri le iscrizioni al 7° Trail del Calvario, manifestazione podistica organizzata dall’Atletica AVIS Ossolana, prevista per domenica 9 ottobre a Domodossola

 Due le camminate non competitive che partiranno dalla caratteristica Piazza Mercato e che constano entrambe di nuovi percorsi. Una 21K, caratterizzata dall’essere corsa in coppia, che salirà per la prima volta sino ai 1080 metri dell’Alpe Lusentino dove è previsto un Gran Premio della Montagna, e una 11K individuale che per la prima volta transiterà, come la sorella maggiore, nel bellissimo borgo de “La Tensa”. Per compensare gli atleti dalle maggiori pendenze, gli organizzatori han pensato a percorsi più “fluidi” con meno saliscendi e numerosi falsipiani alternati alle salite.  Entrambe le distanze attraverseranno le ridenti frazioni domesi, alpeggi e boschi con faggete secolari, mentre la peculiarità è sempre la salita al Sacro Monte Calvario dove, oltre alla riserva naturale e ai resti del Castello di Mattarella, gli atleti avranno accesso esclusivo al parco privato. Ristoro, massaggi e pasta party attendono tutti a fine corsa. Numerose le associazioni che collaborano alla riuscita della manifestazione, e anche quest’anno parte del ricavato andrà in beneficenza. Ci si può iscrivere on line sul sito ww.wedosport.net o in quattro punti convenzionati a Domodossola, Verbania, Gravellona e Borgomanero. 

vcoazzurratv.it



Festival Oxilia, masterclass di tip tap e un concerto a Domodossola



Domenica 31 luglio presso il Collegio Mellerio Rosmini di Domodossola un nuovo appuntamento con il Festival Oxilia dedicato alla formazione. Una masterclass guidata dalla coreografa Ilaria Suss, che dedicherà un pomeriggio ai rudimenti del tip tap. Info e iscrizioni a info@oxilia.it o al 3479341020.

Alla ore 21.15 la rassegna di musica e teatro per l'Ossola propone il concerto "Ascendo” con il Waikiki Contemporary Quartet, quartetto di percussioni che proporrà un programma particolare sul sagrato del Santuario del Crocefisso al Sacro Monte Calvario.

ossolanews.it

Nel periodo estivo, tra le vallate dell’Ossola, che insieme all’ampio territorio dei Laghi Maggiore, di Mergozzo e d’Orta fanno parte dell’Alto Piemonte, a due passi dalla Svizzera e da Milano, sono davvero numerose le attività outdoor che si possono praticare

 

Il comprensorio ossolano, con la spettacolare scenografia del Monte Rosa e delle sue destinazioni montane, offre un ampio ventaglio di opportunità per vacanze ed escursioni, in versione sia slow che active, in grado di soddisfare gli appassionati della montagna, dai più sportivi alle famiglie.

Un vero scrigno, tra specchi d’acqua, parchi, boschi e aree protette, dove da millenni l’ambiente e l’uomo sono in stretta sinergia. Un comprensorio ideale per praticare attività e sport all’aperto, immersi nella natura.

Percorsi in bicicletta, tracciati per e-bike, trekking, arrampicate e poi ancora running e parchi avventura, ma anche relax e benessere. Un viaggio lungo le meraviglie del Distretto Turistico dei Laghi, Monti e Valli dell’Ossola.

“L’outdoor estivo è un elemento fondamentale per il nostro territorio, tra il Lago Maggiore, destinazione turistica d’eccellenza con le Isole Borromee, il Lago d’Orta con la sua Isola di San Giulio, i monti e le Valli dell’Ossola” commenta Francesco Gaiardelli, presidente del Distretto Turistico dei Laghi, Monti e Valli dell’Ossola. “Un valore aggiunto su cui scommettere, in stretta sinergia con Neveazzurra, comprensorio sciistico dell’Alto Piemonte, con all’attivo più di 150 km di piste da sci, che d’estate diventano il palcoscenico per itinerari in bicicletta, passeggiate di vari livelli e competizioni sportive. Il turismo attivo rappresenta per noi un asset importante, su cui stiamo puntando sempre più, anche grazie alla sinergia con i nostri operatori, che offrono davvero molte opportunità ai visitatori, tra green, outdoor, relax, benessere, cultura e storia”.
spettacolomusicasport.com


"Alzati, rivestiti di luce": Passio 2022 a Domodossola

 Da giovedì a sabato tanti eventi. Si comincia con il pellegrinaggio al Sacro Monte Calvario 

Dal 24 al 26 marzo Passio 2022 fa tappa in Ossola. Tre giornate di eventi per celebrare la rinascita dopo la notte della pandemia. L'emergenza sanitaria ha infatti costretto il Comitato che organizza il programma a rivedere il format, diversi gli eventi live streaming visibili sul canale youtube di Passio Novara.
A Domodossola si comincia giovedì 24 con un pellegrinaggio orante al Sacro Monte Calvario a ricordo dei missionari martiri. Partenza 20,45 dalla I Cappella della via Crucis.
Venerdì sera al teatro San Francesco alla Cappuccina nell'ambito dei "Quaresimali del venerdì " si parlerà del lavoro nella missione di Bissi Mafou in Ciad.
Sabato "La passione in Musica" Domo d'Ossola, dalla chiesa alla città, luoghi, spazi e storia che costruiscono la comunità. Dalle 16 alle 18 itinerario artistico musicale Palazzo San Francesco, Santuario Madonna della Neve e Piazza Mercato.
Alle 21 nella chiesta Collegiata musica e teatro.


Fonte: vcoazzurratv


Da Novara all’Ossola le farmacie si mobilitano per la solidarietà

 


La solidarietà è scesa in campo e lo ha fatto in farmacia. Dall’8 al 14 febbraio è stata infatti organizzata dalla Fondazione Banco Farmaceutico la giornata della raccolta del farmaco, giunta alla ventiduesima edizione. In Italia hanno aderito oltre 5mila farmacie e tra queste anche quelle dei nostri territori: dall’Ossola al Novarese, passando dal Borgomanerese e Aronese, sono state tantissime le farmacie coinvolte e i volontari che si sono prestati per mettere a disposizione il proprio tempo per sensibilizzare le persone a donare un farmaco ai più bisognosi. Dai dati della Fondazione Banco Farmaceutico emerge che sono circa 600mila le persone che non posso permettersi le cure necessarie. Come ogni anno questo evento, attualmente spalmato nell’arco di una settimana, ha avuto grande riscontro con la popolazione che è stata molto sensibile a questo tema. Se i farmaci sono da sempre importanti, ancora di più lo sono allo stato attuale delle cose con una pandemia in corso. 
sdnovarese.it