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La Cappuccina perde i suoi frati, da settembre 2025 un'unica parrocchia a Domo


La notizia circolava da settimane, ma nessuno aveva confermato o smentito. La Cappuccina dal 2025 non avrà più i suoi amati frati. A dare la conferma il Vescovo novarese Franco Giulio Brambilla e Padre Roberto Rossi Raccagni, Provinciale dei Cappuccini di Torino-Alessandria. Dal 1 settembre 2025 la parrocchia di sant’Antonio da Padova sarà sotto la responsabilità giuridica e pastorale del parroco domese, don Vincenzo Barone.

“La provincia dei Frati Cappuccini di Torino-Alessandria e la Diocesi di Novara annunciano alla comunità parrocchiale della Cappuccina di Domodossola che il prossimo anno 2025 i frati lasceranno la Parrocchia di sant’Antonio da Padova, sita in via San Francesco, 25. La forte diminuzione delle vocazioni e il riassetto delle Province dell’ordine del Cappuccini del Nord Italia impone la revisione della presenza dei frati che non riusciranno più ad assicurare il servizio pastorale alla comunità di Domodossola, pur restando ancora in Diocesi a Novara.

I Frati Cappuccini ringraziano la città di Domodossola per oltre settanta anni di feconda collaborazione pastorale e forte promozione sociale, rese possibili dal concorso di molti fedeli e di molte persone e istituzioni che hanno consentito una presenza e un’animazione religiosa, culturale e sociale, che è andata oltre i confini della stessa città.

La diocesi di Novara, ancor di più, è molto grata per la decennale presenza della comunità dei religiosi Cappuccini, che è sempre stata cordialmente in comunione con il vescovo e ha vissuto una forte collaborazione con i sacerdoti diocesani. Vengono alla memoria la carismatica figura di Padre Michelangelo e la zelante persona di Padre Vincenzo, appena mancato, che ne ha continuato la memoria, insieme con i frati che hanno servito negli anni scorsi e quelli tutt’ora presenti e operanti.

La comunità dei frati rimarrà a Domodossola tutto il prossimo anno pastorale 2024-2025, quando alla festa patronale del 15 giugno la Diocesi e la Parrocchia ringrazieranno con gioia per la bella presenza della comunità religiosa ed esprimeranno la debita gratitudine di tutte le persone e istituzioni che hanno beneficiato del carisma di san Francesco nella città e nell’Ossola.

La parrocchia di sant’Antonio da Padova dal 1° settembre 2025 lavorerà in comunione e sotto la responsabilità giuridica e pastorale del parroco con i suoi sacerdoti collaboratori della Parrocchia dei s.s. Gervasio e Protaso di Domodossola”.

Franco Giulio Brambilla,

Vescovo di Novara

Padre Roberto Rossi Raccagni,

Provinciale dei Cappuccini di Torino-Alessandria

in Ossola News

Al Calvario di Domodossola la quarta tappa del progetto Campus

 

E' organizzato dalle consulte provinciali studentesche del VCO - dove è nato il progetto- , Biella, Novara e Vercelli. Si prosegue la progettazione sul bene comune iniziato lo scorso anno scolastico con una riflessione sul patrimonio storico e culturale delle nostre zone con un focus sui Sacri Monti

vcoazzurratv.it

I tre volti della vocazione. Omelia per le ordinazioni diaconali di Mons. Brambilla

 Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’omelia che il vescovo Franco Giulio ha pronunciato lo scorso sabato 15 ottobre alle ordinazioni diaconali di don Lorenzo Armano, don Samuele Bracca e don Luigi Donati 

I tre volti della vocazione



Omelia per le ordinazioni diaconali 2022

Prologo

Carissimi Lorenzo, Samuele e Luigi,
carissimi genitori e parenti,
care comunità di Alagna Valsesia, di Casalvolone e di Calice in Domodossola
rivolgo a tutti voi un saluto particolare.

Celebriamo quest’oggi il rito di ordinazione diaconale di questi tre giovani che si sono a lungo preparati e che compiono questo primo passaggio, entrando nel ministero ordinato. Le tre letture che essi hanno scelto per la Liturgia della Parola, prese rispettivamente dal profeta Geremia (Ger 1,1.4-10), dagli Atti degli Apostoli (At 6,1-7) e dal Vangelo di Luca (Lc 1,26-38), esprimono tre volti della vocazione: il primo aspetto è la vocazione profetica, come la illustra il profeta Geremia; il secondo aspetto, tratto dal vangelo, è appunto la vocazione evangelica; il terzo aspetto come emerge dal libro degli Atti degli Apostoli, è la vocazione ecclesiale. I primi due aspetti si riferiscono a tutti noi qui radunati, compreso il bel gruppo di giovani che sono presenti e che ho potuto salutare, mentre il terzo aspetto si riferisce a ciascuno pro parte sua, secondo la chiamata che ha ricevuto e che sta vivendo.

  1. La vocazione profetica

Il primo volto della vocazione è quello profetico. Abbiamo ascoltato il bel testo dell’inizio del libro di Geremia, un profeta giovane, recalcitrante, che non risponde volentieri alla sua chiamata. E, tuttavia, proprio in questa risposta contrastata, drammatica, sono contenuti alcuni elementi molto significativi e che raccolgo brevemente.

“Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni»”. (
Ger 1, 4-5)

L’esperienza di essere chiamati parte dal seno materno: considerando la propria origine, ciascuno di noi deve poter dire ciò che esprime il salmo: “Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto del grembo di mia madre” (Sal 139/138,13). È interessante rilevare come tutti ricordino piuttosto il testo negativo, che però rappresenta l’altra faccia della medaglia: “Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (Sal 51/50,7). Il testo che oggi è stato proclamato mette in evidenza l’aspetto positivo. L’esperienza profetica ci dice che la chiamata alla vita e della vita ci precede. E precede non solo la nostra coscienza, ma addirittura il nostro venire alla luce, il nostro venire nel mondo. Noi veniamo alla vita, perché siamo chiamati. Certamente ci chiamano alla vita i genitori, ma i genitori non sono chiamati creatori della vita, sono piuttosto coloro che generano o che pro-creano, vale a dire che creano in nome di un altro e per un altro.

Questo aspetto ci viene ricordato dai figli adolescenti, quando rivendicano la loro autonomia. E a volte diviene quasi un alibi per formatori, genitori ed insegnanti, nel decidere di lasciarli andare, perché trovino la propria strada. Eppure spesso si tratta solo di non rimandare le scelte importanti per il futuro. Se ad esempio uno, perché tutti fanno così, va in discoteca e rientra a casa tutte le domeniche alle cinque del mattino, cosa costruirà per il suo futuro negli anni a venire? Non c’è niente di male in sé ad andare in discoteca – perché la domanda insidiosa è sempre: “cosa c’è di male?” -, ma ti chiedo: “Cosa stai costruendo di bene, per la tua storia, per la tua famiglia, per il tuo cuore, per i tuoi sentimenti, per la tua esistenza?”

Il profeta, invece, si sente chiamato fin dal grembo materno. È una vocazione radicale che va fino nel profondo e che chiede di interpretare sotto questa luce tutta la vita. La vita vale in quanto è risposta ad una chiamata, è risposta ad una vocazione. Ciò accade se uno non tira a campare giorno per giorno, ma sente dentro di sé la forza e la potenza di qualcuno che chiama e di una mèta a cui si è chiamati. Anzi, rispondendo a questa chiamata, non si è “uno, nessuno, centomila” secondo l’espressione del grande drammaturgo siciliano di inizio ’900, Luigi Pirandello, ma ognuno diventa se stesso con il proprio nome singolare. Ci sono, infatti, due cose che noi non ci siamo dati: il volto e il nome; essi sono il sigillo della nostra chiamata e della nostra identità.

“Risposi: «Ahimè, Signore Dio!
Ecco, io non so parlare, perché sono giovane»” (
Ger 1,6).

La nostra risposta, come per Geremia, corre il rischio di tirarsi indietro, di rimandare, di non fare oggi ciò che si può fare domani o dopodomani, ma in questo modo oggi siamo al punto che uno a trenta/trentacinque anni sta ancora cercando cosa deve fare nella vita! È persino antieconomico, perché gran parte della durata di un’esistenza viene impiegata, se non sciupata, a chiedersi cosa si deve fare per diventar grandi! Pensiamo che san Carlo Borromeo moriva a quarantasei anni, e ancor prima san Tommaso d’Aquino a quarantotto anni: a dodici anni erano già adulti! Qualcuno dei presenti, un po’ avanti negli anni, a tredici anni era già grande, avendo cominciato a lavorare prestissimo. Era già grande, e non si giustificava perché era giovane, ma si dava da fare!

“Ma il Signore mi disse: «Non dire: «Sono giovane»” (Ger 1,7a).

Ogni giorno è buono per rispondere alla chiamata della vita e alla vita come una chiamata.

“«Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò
e dirai tutto quello che io ti ordinerò»” (
Ger 1,7b).

Se voi diaconi oggi siete qui, è perché ad un certo punto della vostra vita avete risposto a questa voce. Si dice che è una voce, perché appunto chiama. Capita che quando vi chiamano a dare una testimonianza sulla vocazione, la prima cosa che viene chiesta, soprattutto da parte dei bambini a catechismo, è in qual modo si è sentita la chiamata di quella voce. Ma quella voce si ascolta ogni giorno, perché poi in un giorno particolare si sente come un appello impellente. Ed è solo rispondendo alle molte chiamate di ogni giorno che tu ascolti “la” chiamata!

“Il Signore stese la mano
e mi toccò la bocca,
e il Signore mi disse:
«Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca»” (
Ger 1,9).

Noi non sapremmo cosa dire, anzi siamo spesso balbettanti, non sappiamo come leggere il nostro tempo… Il profeta nella sua essenza non è un “indovino”, che prevede il futuro, ma è invece colui sa leggere il presente, richiama anzi al passato, alla fedeltà all’alleanza, alla fedeltà alla fede antica dei padri. Ed è proprio per questo che sa prevedere il futuro. Ecco: questa è la vocazione profetica! Tutti voi qui presenti siete dei chiamati ad essere profeti. Per ognuno di noi si potrebbero fare esempi concreti per comprendere bene questo. 

  1. La vocazione evangelica

Il secondo aspetto della vocazione è richiamato dal brano di vangelo e anche questo riguarda tutti. È l’aspetto evangelico della vocazione: si riferisce al vangelo dell’Annunciazione che abbiamo letto e ascoltato tante volte. Sottolineo solo due espressioni per dire l’aspetto evangelico della vocazione.

“Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te»”. (Lc 1,28)

Riguardo alla prima espressione dobbiamo ammettere di aver smarrito il senso della Sua presenza in mezzo a noi. Spesso secondo il nostro modo di sentire, la vita, la vocazione, l’impegno, il lavoro, le cose rappresentano solo quello che dobbiamo fare noi con le nostre energie. Tuttavia, la prima disposizione che ci chiede la nostra vocazione è il chiaro riferimento a Dio. A Lui presente in mezzo a noi! Se non si ha questa certezza, non si va da nessuna parte.

La Sua presenza, il Suo accompagnamento, la Sua vigilanza, la Sua prossimità sono il roveto ardente, il motore della nostra vocazione! Se noi che abbiamo qualche anno in più perdessimo questo centro, tutto ci verrebbe a noia. Il nostro sguardo si riempirebbe di accidia, il nostro gesto diventerebbe insignificante. Temo che questo sia il punto più fragile per tutti noi. Lo è per chi sta ancora cercando la sua strada, per chi è sposato, per chi è anziano, perché se noi diamo per presupposta la Sua presenza, essa scompare, dal momento che non si ha più la consapevolezza della certezza della presenza del Signore nella nostra vita. Egli sta al centro: il Signore centra nel senso che sta al centro, o meglio ci entra stando al centro, non alla periferia, non quando c’è bisogno di aiuto o quando il matrimonio o ogni altra vocazione non funziona… Sì, il Signore ci entra solo stando al centro! Tale è il cuore della vocazione evangelica! Ed è per questo che Maria alla fine si può esprimere dicendo:

«Ecco la serva del Signore: avvenga per me – accada – secondo la tua parola». (Lc 1,38)

Questa è la seconda espressione: noi possiamo essere solamente testimoni della sua presenza. Come Maria, ogni vocazione veramente evangelica, non può trasmettere se non quello che ha ricevuto. Ma se ciò che riceviamo è la presenza vitale del Signore al centro della nostra vita, allora la sua Parola trapela sempre dal nostro intimo, e noi siamo testimoni di un roveto ardente, che non cessa mai di bruciare, perché è un fuoco inestinguibile. La vocazione non è testimonianza di un evento del passato, ma sgorga continuamente come sorgente inesauribile.

  1. La vocazione ecclesiale

Il terzo e ultimo aspetto dalla vocazione è quello ecclesiale, e ci è suggerito dalla pagina degli Atti degli Apostoli. Qui dobbiamo diventare più concreti, perché l’episodio contenuto nel sesto capitolo degli Atti fa da cerniera – rappresenta un primo step! – e ci fa compiere un passo in avanti, presentandoci un bisogno della comunità delle origini, che ha creato un momento di grave crisi. Ascoltiamo:

“In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove”. (At 6,1)

La comunità primitiva non era composta solo da giudei, ma era una comunità mista, perché vi erano anche i greci, proseliti convertiti al giudaismo. Il testo mette in evidenza l’insorgere della crisi a causa dell’aumento degli appartenenti alla comunità e del trattamento di favore di cui godevano le vedove di una parte più dell’altra (tutto il mondo è paese!).

“Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico»”. (At 1,2-3)

Il terzo aspetto della vocazione è quello per cui la Chiesa dev’essere capace di leggere i passaggi, le crisi, i passi in avanti e le frenate, nella sua storia, cercando di porvi rimedio, facendo nascere dentro la comunità nuove figure, nuove presenze, nuovi ministeri. È ciò che accade alla nascita di un bambino: per quel nuovo nato, tutti devono fare un po’ di spazio, perché a sua volta egli possa trovare il suo spazio. È la stessa situazione nella quale ci troviamo: i presbiteri stanno diminuendo, ma è difficile creare nuovi spazi ai nuovi che dovrebbero venire.

Tutto ciò mi fa sorgere però un’obiezione: noi guardiamo realmente in faccia alla realtà?! Saremmo disposti a dare e fare nelle nostra comunità lo spazio per una presenza più variegata?! Se c’è bisogno di una nuova presenza, ci sarà da offrire uno spazio in più a chi viene comunque per servire. Uno solo – anche il parroco più carismatico – non può fare tutto da solo! Oggi siamo in questa condizione. La realtà è la seguente: dal mio arrivo a Novara, dieci anni or sono, ho celebrato 108 funerali di presbiteri contro trenta nuove ordinazioni. Il saldo è fortemente negativo. Abbiamo bisogno quindi, di nuove figure: di catechisti, di lettori, di operatori della carità, di gente che porti l’Eucarestia in casa, poi di gente che vada in missione. Il terzo aspetto della vocazione insomma riguarda le singole vocazioni: chi è giovane, chi è sposato, chi è rimasto solo, chi è anziano…

Il tema del volontariato sta diventando sempre più palpabile, ma anche più problematico. Purtroppo la legge del cosiddetto Terzo Settore intende mettere tutto in ordine, anche se alla fine si perderà la gratuità! Sarà tutto così prevedibile e ordinato, per cui, anche se è certamente necessaria la chiarezza, se non riusciremo a mantenere un po’ di spirito di gratuità – diceva già a suo tempo il Cardinale Martini – è difficile che chi fa le cose, pure giustamente stipendiato, lo faccia con un cuore libero, gratuito e appassionato.

Epilogo

Sono dunque questi tre gli aspetti della vocazione: come ho precisato nella presentazione, due riguardano tutti e il terzo riguarda ancora tutti, ma ciascuno pro parte sua. Auguro a voi tre che accedete al diaconato (dal greco diakonia/διακονίᾳ e dal verbo διακονέιν/servire), il primo grado del sacramento dell’ordine, di comprendere, come ho già detto in tante altre ordinazioni diaconali che diventare diaconi e presbiteri ed eventualmente vescovi, non significa che, da preti e da vescovi, si smette di essere diaconi, cioè servitori. Anzi uno è prete, uno è vescovo, se continua ad essere diacono e a sua volta diventa vescovo se continua ad essere presbitero. Vi auguro di cuore tutto quanto abbiamo meditato!

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara

fonte: diocesinovara.it

Novara, la pista del Pala Dal Lago sarà rifatta


La Regione Piemonte ha accolto, nell’ambito del bando “Linee di intervento per l’impiantistica sportiva 2021-2022”, il progetto di rifacimento della pista da gioco del Palazzetto Stefano dal Lago.
Il progetto, come approvato in via definitiva dalla giunta comunale del 5 aprile 2022, prevede la sistemazione del parquet e intervento alle balaustre dell’impianto sportivo per un totale di 139 mila euro di lavoro. “Intervento che – dichiara l’assessore allo Sport Ivan De Grandis – consentirà il rifacimento totale della pavimentazione in legno della struttura dopo la rimozione di quella attuale e il relativo smaltimento. Operazione che sarà in parte finanziata dal bando regionale (40 mila euro) con un cofinanziamento del Comune. Un’opera fondamentale per dare alle società di rotellistica, pattinaggio e hockey che utilizzano la struttura di avere a disposizione un impianto efficace e funzionale sia per gli allenamenti che per le gare. Un primo passo verso la riqualificazione dell’edificio che fa parte della grande storia e tradizione sportiva novaresi”.

“Un ulteriore tassello – conclude De Grandis – per il sistema sport della nostra città. Il rilancio del Pala Dal Lago, edificio che fa parte della grande storia e tradizione sportiva novarese, è un altro passo verso l’importante riconoscimento di Città Europea dello Sport 2025 che ci siamo prefissati di raggiungere”.

sdnovarese.it

Crisi idrica, salgono a 22 i comuni in emergenza rossa tra novarese e Vco

 


Nonostante il ritorno di pioggia e temporali, che nelle prossime ore favoriranno anche un calo delle temperature, persiste l'emergenza idrica che ormai da mesi interessa il novarese e il Vco. Rispetto alla scorsa settimana, infatti, è risalito il numero dei comuni in emergenza tra novarese e Vco: sono 22 i comuni in grave emergenza, dove sono già in corso interventi con autobotti e chiusure notturne, e 40 quelli ad alto rischio, secondo i dati diffusi il 5 agosto da Acqua Novara Vco. La mappa dell'emergenza idrica sul territorio I comuni in emergenza rossa (Fascia I) sono: Cureggio, Invorio, Orta San Giulio, Armeno e San Maurizio d'Opagio, nel novarese; Arona, Bannio Anzino, Baveno, Bee, Brovello-Carpugnino, Cambiasca, Cannero Riviera, Caprezzo, Ghiffa, Gignese, Madonna del Sasso, Piedimulera, Pieve Vergonte, Premeno, San Bernardino Verbano, Trarego Viggiona e Vignone, nel Vco. Nella notte tra domenica 7 e lunedì 8 agosto Aqua Novara e Vco ha programmato perciò la chiusura notturna dell'acqua, per permettere il riempimento dei serbatoi, in 6 comuni: Ghiffa (nella frazione Caronio), San Bernardino Verbano (nelle frazioni Bieno e Santino), Oggebbio (nelle frazioni Barbè e Cadessino), Cannero Riviera, Arola, Orta San Giulio (in via Marconi, via Novara, via Domodossola, via Fava, via Ortello e via Don Bosco e vie limitrofe). I comuni con elevato rischio di ricadere in emergenza rossa sono invece (Fascia II): Castelletto Sopra Ticino, Arona, Fontaneto d'Agogna, Cressa, Suno, Soriso, Boca, Cavallirio, Gargallo, Gattico-Veruno, Maggiora, Gozzano, Borgomanero, Ameno, Lesa, Massino Visconti, Nebbiuno, Pella, Pettenasco, Meina, Pisano, Colazza e Miasino, nel novarese; Arizzano, Aurano, Borgomezzavalle, Cannobio, Ceppo Morelli, Cesara, Cossogno, Germagno, Intragna, Loreglia, Massiola, Mergozzo, Oggebbio, Stresa, Valle Cannobina, Verbania e Vogogna, nel Vco. Infine, in Fascia III ci sono i comuni in cui si osservano importanti abbassamenti delle falde acquifere o delle portate provenienti dalle sorgenti: Borgo Ticino, Oleggio, Bolzano Novarese, Oleggio Castello e Paruzzaro, nel novarese; Belgirate, Casale Corte Cerro, Gravellona Toce, Macugnaga, Montescheno, Nonio, Omegna, Ornavasso, Premosello-Chiovenda, Quarna Sopra, Quarna Sotto, Valstrona e Villadossola, nel Vco.

Chiusura della Curia diocesana per la pausa estiva 2022


 

Gli uffici della Curia diocesana chiuderanno per la pausa estiva da lunedì 8 agosto 2022 a venerdì 19 agosto 2022.

Riapriranno lunedì 22 agosto 2022

L’Archivio Storico Diocesano chiuderà al pubblico da lunedì 1° agosto 2022 a mercoledì 31 agosto 2022.
Riaprirà giovedì 1° settembre.

diocesinovara.it

Triduo e Pasqua 2022: le celebrazioni in cattedrale Novara

 

14 aprile 2022 – Giovedì Santo

Ore 9.30:
Messa del Crisma
La  Messa in cui il vescovo, concelebrando con il suo presbiterio, consacra il crisma e benedice gli altri oli e manifesta la comunione nell’unico sacerdozio e ministero di Cristo. Durante la celebrazione si terrà il rito di ammissione agli ordini sacri di sei seminaristi del seminario diocesano.

INIZIA IL TRIDUO PASQUALE

Ore 18:
Messa in Coena Domini
Con questa Messa inizia il Triduo pasquale: fa memoria dell’ultima cena in cui Gesù offrì a Dio Padre il suo Corpo e Sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli.


15 aprile 2022 – Venerdì Santo

Ore 18:
Liturgia del Venerdì Santo
In questo giorno, in cui Cristo nostra pasqua è stato immolato, la Chiesa con la meditazione della passione del Signore e con l’adorazione della croce commemora la sua origine e intercede per la salvezza di tutto il mondo.


16 aprile 2022 – Sabato Santo

Ore 21.30:
Veglia pasquale
Si celebra la Risurezione del Signore e dalla morte alla vita attraverso i Sacramenti del Battesimo, Confermazione e Eucaristia.


17 aprile 2022 – Domenica di Pasqua

Ore 10.30:
Messa Pontificale

Ore 12:
Messa

Ore 18:
Messa

Ore 20.30:
Messa


18 aprile 2021 – Lunedì dell’Angelo

Ore 10.30:
Messa



Veglia delle Palme 2022: a Orta l’incontro diocesano dei giovani 9 Aprile

IL TEMA

“PRENDI IL LARGO” è il titolo della Veglia delle Palme 2022 (sabato 9 aprile 2022), ultimo appuntamento diocesano del percorso delle Lectio per i giovani ispirato alla lettera pastorale del Vescovo Franco Giulio I semi del tempo.

Questo anno, attraverso l’incontro tra Gesù e l’apostolo Pietro, si mette al centro il tema della vocazione, come risposta alla Parola di Dio che chiama, tutti e sempre.
I DESTINATARI

I destinatari sono gli adolescenti (14-17 anni) e giovani (18-30 anni) della Diocesi.
IL LUOGO

Essendo Pietro un pescatore del Lago di Galilea, sfrutteremo come ambientazione per l’evento uno dei nostri laghi, il Lago d’Orta e precisamente Orta San Giulio.

In caso di brutto tempo ci sposteremo al Santuario del Crocifisso di Boca. Su questa pagina del nostro sito troverete tutti gli aggiornamenti sul programma, anche in caso di brutto tempo.
LA PROPOSTA

L’evento sarà in tre momenti:
Esperienze vocazionali, dalle 15.30 (Inizio dell’accoglienza in piazza Motta) alle 17.30, lungo lago di Orta San Giulio. In diversi punti i giovani potranno partecipare ad alcune “esperienze” attraverso le quali approfondire alcuni aspetti inerenti alla vocazione.
“Il mio nome è Pietro”, ore 18.00, Sacro Monte di Orta. In uno spettacolo teatrale, Pietro Sarubbi interpreterà per noi l’apostolo Pietro e al termine offrirà la sua testimonianza.
Veglia di preghiera con il vescovo, ore 20.45, Sacro Monte di Orta.

La cena è al sacco e si chiede di portare con sé una cerata su cui sedersi nel prato del Sacro Monte.

Si consiglia di partecipare a tutto il programma per consentire ai giovani di vivere un’esperienza più ricca.
Scarica la locandina
ISCRIZIONI

Per una migliore gestione dell’evento chiediamo a tutti i partecipanti di iscriversi compilando il modulo di iscrizione online, che trovate a questo link: https://forms.gle/c373rb7cAgVN2AiJ9.


PARCHEGGI E ACCOGLIENZA

I partecipanti potranno parcheggiare i loro mezzi a Legro nel posto indicato dall’Amministrazione Comunale. All’arrivo si chiede di raggiungere il Palazzotto di Orta presso l’imbarcadero dove è collocata l’accoglienza che comunicherà ogni informazione e fornirà il materiale previsto.

I pullman invece potranno essere parcheggiati lungo la statale presso l’ex ristorante La Poncetta.

Fonte: diocesi Novara


Ucraina: Novara la provincia col maggior numero di profughi

 "Siamo settanta sacerdoti ucraini in Italia e confrontandoci tra noi è emerso che da nessuna parte è stato fatto tanto quanto a Novara". Così padre Yuriy Ivanyuta, responsabile della Comunità ucraina cattolica della diocesi novarese, che comprende anche Verbano Cusio Ossola e la Valsesia, in provincia di Vercelli. Il sacerdote, che è stato anche cappellano militare per nove mesi nel Donbass, ha certificato il primato che pone la città piemontese all'avanguardia nell'accoglienza dei profughi che fuggono dalla guerra in Italia. Dei 5.414 profughi sinora accolti in Piemonte, 1.281, la quota principale, si trova proprio nel Novarese, dove una "organizzazione funzionante", come la definisce padre Yuriy garantisce certificati, assistenza medica, scolastica, cibo, alloggio, raccolte di materiali. Un primato testimoniato anche dal Comune di Novara. Paolo Cortese dirigente comunale e coordinatore del gruppo composto dall'amministrazione per l'accoglienza fornisce alcune cifre: "I cittadini ucraini, prima della guerra, a Novara erano circa 1.300. I nuovi arrivati sono in gran parte ospitati da conoscenti o in appartamenti forniti da famiglie novaresi. Sono state 180 le famiglie che hanno dato disponibilità a ospitarli. Al Comune è stato dato gratuitamente anche un albergo chiuso da due anni". 

lospiffero.com



Report dell’Upo sul mondo della scuola novarese e la pandemia, tra bisogni e disagi dei giovani

 

Abbandono e solitudine sono i sentimenti provati dalla comunità scolastica novarese al primo impatto con la pandemia. L’emergenza Covid ha poi fatto emergere bisogni e disagi, in particolare nei programmi di formazione, i rapporti sociali e le nuove tecnologie. La didattica a distanza è stata giudicata fallimentare su quasi tutti i fronti dai docenti: più dell’80% ha ritenuto il sistema inefficace in particolare per verifiche e valutazioni, mentre considera la modalità della videoconferenza utile per coordinare le attività con colleghi e dirigenti.

La Stampa

Da Novara all’Ossola le farmacie si mobilitano per la solidarietà

 


La solidarietà è scesa in campo e lo ha fatto in farmacia. Dall’8 al 14 febbraio è stata infatti organizzata dalla Fondazione Banco Farmaceutico la giornata della raccolta del farmaco, giunta alla ventiduesima edizione. In Italia hanno aderito oltre 5mila farmacie e tra queste anche quelle dei nostri territori: dall’Ossola al Novarese, passando dal Borgomanerese e Aronese, sono state tantissime le farmacie coinvolte e i volontari che si sono prestati per mettere a disposizione il proprio tempo per sensibilizzare le persone a donare un farmaco ai più bisognosi. Dai dati della Fondazione Banco Farmaceutico emerge che sono circa 600mila le persone che non posso permettersi le cure necessarie. Come ogni anno questo evento, attualmente spalmato nell’arco di una settimana, ha avuto grande riscontro con la popolazione che è stata molto sensibile a questo tema. Se i farmaci sono da sempre importanti, ancora di più lo sono allo stato attuale delle cose con una pandemia in corso. 
sdnovarese.it